La Bellezza che Cura: Omaggio al Professor Giovanni Scambia In Evidenza

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Per chi ha saputo vedere oltre, la cura non finisce con il tempo: continua nei volti, nei gesti e nella bellezza che resta.

Ci sono serate che non si dimenticano. Momenti in cui la gratitudine si fa sguardo, la memoria si veste di bellezza, e ogni gesto diventa presenza viva. Nella Protomoteca del Campidoglio, il ricordo del professor Giovanni Scambia ha preso forma in un omaggio intenso, corale, luminoso. Le parole che seguono – scritte con profonda grazia e sensibilità da Giusy Palermo – non raccontano soltanto un evento, ma custodiscono la verità delicata di chi ha vissuto quell’istante. Perché quando la cura è anche bellezza, la bellezza diventa cura. Ed è lì che nasce una promessa: continuare a cercarla, a viverla, a condividerla.

Ieri sera, nella Protomoteca del Campidoglio, si è respirata un’atmosfera speciale. Un momento in cui la bellezza si è fatta memoria. E presenza viva. Un omaggio a un uomo che ha saputo vedere oltre. Non solo emozione, ma un’impronta profonda, quella lasciata dal professor Giovanni Scambia nelle sue pazienti, nei colleghi, negli amici. Una presenza che continua a generare senso e nuove strade da percorrere.

La sfilata non è stata solo un evento. È stata un gesto di gratitudine e di promessa. Un’idea nata da una paziente, trasformata in realtà per ricordare. E continuare. Per il professor Scambia, la bellezza non era un lusso, ma parte essenziale dell’esistenza. Scaturiva dall’incontro autentico, da chi si sente accolto, ascoltato, curato con rispetto. Era ciò che restava dopo la cura, non solo nel corpo, ma nell’anima.

Amava una bellezza sobria, viva, capace di contenere le ferite. Che non nascondeva le cicatrici, ma le onorava. “Dove c’è bellezza, c’è dignità. E dove c’è dignità, c’è speranza.” Non erano solo parole. Erano gesti. Curare, per lui, significava restituire bellezza anche quando sembrava perduta. Le donne che hanno sfilato non hanno mostrato solo abiti, ma la loro storia. Accanto a loro, i medici. A testimoniare una medicina in cui la relazione diventa alleanza.

Qualcuno ha sussurrato: “Sembra di vederlo, lì in fondo alla sala”. E davvero ci è sembrato di scorgerlo. Con lo sguardo buono, attento. Con quella capacità unica di cogliere il bello anche nel fragile.

Questa non è stata solo una serata in suo onore. È stata una promessa. Continuare a cercare, ovunque, la bellezza che cura. Che unisce. Che resiste. Vive nei volti di chi lo ricorda. Nel passo di chi rinasce. Nel gesto di chi oggi cura come lui avrebbe voluto. Nel desiderio di una medicina con un’anima.

Un grazie profondo ad Antonella Luberti, per aver dato forma a un pensiero che ha toccato tanti cuori. Ad Annalisa Manduca, che ha saputo dar voce all’emozione. All’ingegner Giovanni Arcuri, la cui presenza discreta e preziosa ci ricorda che anche dietro le quinte della cura esiste una bellezza fatta di visione. E alla squadra di rugby, testimone che forza e tenerezza possono convivere in una bellezza solidale. Grazie a Luisa e Emma, custodi di un’eredità che è luce e forza. E a tutti coloro che hanno reso possibile questo momento di rinascita.

Grazie, Professore. Per averci insegnato che la scienza, senza bellezza, rischia di perdere l’anima. Che la cura può diventare un atto d’amore. Una carezza per chi soffre. Un messaggio di vita. Questa è la lezione che ci ha lasciato. E questa sera, tutti noi, l’abbiamo sentita nel cuore.

Le parole e le immagini di Giusy Palermo ci accompagnano in un viaggio che non ha fine: un viaggio di bellezza che commuove, che cura, che vive negli occhi di chi sa ancora meravigliarsi. Un cammino che continua nel cuore di chi c’era e di chi avrebbe voluto esserci, tra silenzi intrisi di gratitudine e sguardi che raccontano più di mille parole. Perché certi momenti non si archiviano, si custodiscono. E grazie al suo sguardo, ora diventano un dono da condividere, memoria viva per chi sa ascoltare con l’anima.

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a cura di: Maria Vaudo