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GAETA / LA CHIESA DI SAN GIOVANNI A MARE

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La chiesa di San Giovanni a Mare, edificata tra la fine del XI e l’inizio del XII secolo fuori dalle cinte murarie della città, è un raro e prezioso esemplare di costruzione romanica a forma basilicale. L’edificio, di stile bizantino a croce latina, presenta tre navate con otto colonne romane. Le navate laterali sono coperte da volte a crociera in stile romanico mentre nel quadrato centrale emerge una rara cupola sferica di manifattura bizantina, di cui in Italia si possono ammirare pochissimi esempi, uno dei quali nella cattedrale di Capri.

Il presbiterio è rialzato rispetto al piano dell’assemblea e il pavimento è inclinato per garantire una migliore prospettiva al luogo di culto: in merito a quest’ultima caratteristica della chiesa è suggestivo ricordare la tradizione popolare che attribuiva la costruzione del pavimento inclinato al deflusso delle acque del mare che abitualmente entravano in Chiesa durante la marea.

Nei restauri del 1928 la chiesa fu spogliata di tutte le sovrapposizioni barocche e riportata alla sua antica struttura. L’altare maggiore fu trasferito nella chiesa di S. Maria della Catena e sostituito con l’attuale, il cui paliotto apparteneva a un antico sarcofago romano rimaneggiato già nel 1400. Il restauro portò alla luce diversi affreschi risalenti ai primi anni del 1300, della scuola del Cavallini (Visitazione, S. Agata, Madonna con Bambino in trono e S. Lorenzo, pitture oggi conservate nel museo Diocesano di Gaeta). Sempre durante i lavori vennero ritrovati alcuni frammenti decorativi medievali e un’urna cineraria, oggi murati nelle pareti laterali. È possibile ammirare i resti dell’antico pavimento marmoreo in uno dei gradini antistante l’altare.

La chiesa scampò miracolosamente ai bombardamenti del 1943 e continuò a essere officiata fino al 1998, quando venne nuovamente chiusa per urgenti lavori di restauro. Oggi la chiesa è nuovamente aperta al culto e al pubblico grazie ai lavori di restauro ultimati nel 2015.

Fonte del testo: Cattedralegaeta.it

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a cura di: Redazione