Tumore del polmone: a colloquio con i protagonisti del percorso di cura al Policlinico Gemelli

È un affresco complesso e proiettato nel futuro quello che emerge dalla descrizione dagli specialisti coinvolti nella diagnosi e nel trattamento del tumore del polmone, al Policlinico Gemelli. Un oncologo medico, un chirurgo toracico, un radio-oncologo e un biologo molecolare hanno descritto lo stato dell’arte e parlato delle evoluzioni future nella diagnosi e nel trattamento di questa neoplasia, in occasione del corso IMPACT (Integrating Molecular Biology, Precision Therapy and AI: shaping the future of lung cancer treatment), tenutosi di recente al Gemelli.
Quello del polmone è tra i tumori più frequenti in Italia e da sempre uno dei big killer per eccellenza. Ma qualcosa sta cambiando: sono sempre di più i lungo-sopravviventi e anche la parola ‘guarigione’ è stata finalmente sdoganata, anche per questa neoplasia. Fondamentale però la diagnosi precoce e mettersi nelle mani di un team multidisciplinare all’avanguardia nelle varie specialità
L’Oncologo medico (Emilio Bria, professore Associato di Oncologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore eDirettore della UOC Oncologia Medica, Ospedale Isola Tiberina-Gemelli Isola, Coordinatore Ricerca Clinica Oncologia Toracica, Fondazione Policlinico Gemelli). “Il tumore del polmone è una delle neoplasie più diffuse in Italia. Tradizionalmente considerata una malattia letale, grazie ai grandi progressi fatti in ambito diagnostico-terapeutico degli ultimi 20 anni, oggi c’è una buona percentuale di pazienti lungo-sopravviventi e addirittura di pazienti guariti. Il tumore del polmone rappresenta il modello dell’oncologia di precisione perché è stato il primo per il quale siamo riusciti ad abbinare alterazioni molecolari specifiche a farmaci a bersaglio molecolare. Le terapie a target molecolare e l’immunoterapia hanno rappresentato una rivoluzione per queste neoplasie e oggi alcuni sottogruppi presentano, anche in fase avanzata di malattia sopravvivenze a 5 anni superiori al 65%. Proprio in questa fase di malattia, vengono ricercati almeno dieci biomarcatori, perché esistono opportunità terapeutiche mirate per altrettanti sottogruppi di neoplasie. Tra i bersagli terapeutici più importanti, i marcatori di immuno-sensibilità; per i tumori ad elevata immuno-sensibilità (circa il 25% del totale) oggi l’immunoterapia rappresenta un’importante opportunità di lungo-sopravvivenza (2 pazienti su 5 di quelli trattati sono vivi a 5 anni) e addirittura di guarigione, anche in fase avanzata di malattia, cosa impensabile fino a qualche anno fa. Ma non è tutto. Sono vivi a 5 anni il 65% dei pazienti con riarrangiamento ALK, trattati con farmaci target e il 40-45% di quelli con mutazioni EGFR, trattati con farmaci a bersaglio molecolare. Il tumore del polmone è una malattia molto eterogenea che richiede un approccio multidisciplinare sin dalle fasi precoci. Il paziente va inquadrato subito dal punto di vista molecolare perché questo influenza la scelta delle strategie di trattamento e può portare, per i tumori individuati e trattati in fase precoce, a buone speranza di guarigione. Dall’ultimo congresso ASCO arrivano buone notizie anche per la forma tradizionalmente più ‘difficile’ da trattare, quella ‘a piccole cellule’. Negli ultimi 35 anni abbiamo avuto a disposizione solo chemioterapia e radioterapia in varie combinazioni, che davano risposte rapide ma non durature. Negli ultimi 5 anni abbiamo iniziato ad usare l’immunoterapia anche in queste forme, ma quando il paziente recidivava, non avevano ulteriori opzioni terapeutiche. Lo studio internazionale Delphi-04, presentato all’ASCO 2025, ha confrontato le performance di un nuovo farmaco, il tarlatamab (un cosiddetto T-cell-engager, il primo a disposizione per i tumori solidi) con quelle della chemioterapia; e i risultati hanno evidenziato un miglioramento di sopravvivenza globale, clinicamente rilevante, nei soggetti trattati con tarlatamab”.
Fondamentale, come per tutte le neoplasie, è la diagnosi precoce con TAC ad alta risoluzione, che nel tumore del polmone ha ridotto del 20% la mortalità. I soggetti ad alto rischio di tumore del polmone sono i forti fumatori o gli ex-forti fumatori di lungo corso che possono essere individuati attraverso una TAC polmonare ad alta risoluzione. Questa modalità di screening non è ancora inserita nei programmi pubblici. Le linee guida AIOM 2024 raccomandano tuttavia l’esecuzione di una TAC torace annuale nei “soggetti fumatori o ex-fumatori che hanno fumato almeno 15 sigarette al giorno per più di 25 anni, oppure almeno 10 sigarette al giorno per più di 30 anni, oppure che hanno smesso di fumare meno di 10 anni prima”.
Il Chirurgo Toracico (Filippo Lococo, professore Associato di Chirurgia Toracica UCSC, dirigente medico UOC di Chirurgia Toracica, Fondazione Policlinico Gemelli, diretta dal professor Stefano Margaritora) “Il plus del Policlinico Gemelli è quello di offrire alle persone con tumore del polmone un gruppo multi-disciplinare di super-specialisti che inquadrano la patologia a 360 gradi e offrono un trattamento sartoriale. Diagnosi precoce e terapia personalizzata offrono le maggiori chance di sopravvivenza a questi pazienti. Non è la singola tecnologia o la singola terapia a fare la differenza, ma l’approccio complessivo offerto dal team multi-disciplinare, che si coordina intorno al paziente. Il dato molecolare e le tecniche di intelligenza artificiale stanno rivoluzionando anche la pratica chirurgica. Siamo diventati sempre più mini-invasivi; in stadio precoce oggi gli interventi non vengono più effettuati con tecnica ‘open’, ma con tecniche mini-invasive, come la toracoscopia, che consentono di asportare il tumore e i linfonodi satelliti attraverso un solo forellino, dal quale vengono introdotte una mini-telecamera e degli strumenti chirurgici, senza dover divaricare le coste o tagliare i muscoli. Oggi al Gemelli, dove facciamo circa mille interventi l’anno, la maggior parte dei quali per tumore del polmone, i tempi operatori della chirurgia mininvasiva sono gli stessi, o inferiori, a quelli delle tecniche ‘open’; il giorno successivo all’intervento il paziente sta già in piedi e dopo 2-3 giorni viene dimesso. Il vantaggio delle tecniche mini-invasive sta anche nella potenziale limitazione dell’abbassamento delle difese immunitarie, connesso agli interventi chirurgici. Inoltre il paziente può essere avviato rapidamente verso le terapie successive, migliorando il trattamento complessivo”.
La diagnosi molecolare (Angelo Minucci, Dirigente biologo Fondazione Policlinico Gemelli, Responsabile dell’Unità Assistenziale Dipartimentale di Diagnostica Molecolare e Genomica, Facility di Ricerca Genomica, G-STeP) “Un grande Policlinico come il Gemelli è in grado di offrire più soluzioni per la diagnostica molecolare, come pannelli genici personalizzati: da quelli minimi, che identificano le alterazioni molecolari note per avere un ruolo nel tumore del polmone, ai pannelli allargati. I tumori del polmone metastatici sono tra le 12 neoplasie entrate nel nostro ‘progetto FPG 500’ che mira ad una profilazione molecolare estesa di questi tumori, grazie ad un pannello a 523 geni a livello del DNA e 55 geni di fusione a livello dell’RNA. Molto importante è anche riuscire a offrire soluzioni che rispondano sia alla velocità dei tempi di risposta, che all’eventuale scarsità del campione in esame. Quello del polmone è stato il primo tumore che ha sollevato la necessità di affiancare alla biopsia tessutale (‘solida’), anche quella ‘liquida’. Nei casi in cui non fosse disponibile un campione di tessuto tumorale, permanendo la necessità di individuare la presenza di eventuali alterazioni molecolari, la biopsia liquida potrà consentirci di ovviare a questo impasse, segnando una svolta nella diagnosi precoce di questo e altri tumori. La biopsia liquida ha un ruolo anche nel monitorare la risposta del paziente alle terapie e di evidenziare precocemente una resistenza ai trattamenti (‘alterazioni di resistenza’), in un contesto di progressione di malattia. Già pronto e con una utilità clinica importante in questo contesto è il test della mutazione EGFR di resistenza. Insomma, il laboratorio di Genomica oggi non è più un’unità a sé stante, ma lavora in maniera assolutamente integrata all’interno del team multidisciplinare”.
Diagnostica avanzata e radio-oncologia (Luca Boldrini, ricercatore in Diagnostica per immagini e radioterapia all’Università Cattolica del Sacro Cuore, Direttore della GSTeP Radiomics core rearch facility eResponsabile UOS Radioterapia a fasci esterni MR guidata, presso il Dipartimento di Diagnostica per Immagini e Radioterapia del Policlinico Gemelli, diretto dalla professoressa Evis Sala) “Dal punto di vista dell’imaging TAC tradizionale sono stati sviluppati nuovi algoritmi e fatti progressi tecnici nella qualità dell’immagine che consentono una migliore identificazione delle lesioni, specie dei noduli più piccoli. I sistemi di affiancamento del radiologo, i cosiddetti CAD (Computer Assisted Diagnosis) nei protocolli di screening ci aiutano a identificare i noduli, anche di pochi millimetri, evidenziati dalla TAC a bassa dose, come quella utilizzata in alcuni protocolli di screening del tumore del polmone; questo ci consente di inviare all’iter di approfondimento diagnostico con TAC tradizionale, PET/TAC o per la tipizzazione istologica, solo casi selezionati, considerati ad altissimo rischio di malignità. Disponiamo oggi di nuove tecniche di ricerca che consentono di ‘vedere meglio’ con gli strumenti di imaging dei quali già disponiamo, come la radiomica e la radiogenomica. Oltre alla valutazione qualitativa fatta dall’occhio del radiologo, che definisce elementi di rischio e caratterizza la malattia, è possibile fare un’analisi quantitativa delle immagini, ovvero scomporre l’immagine stessa. Questo approccio ci permette di studiare la costituzione fisica delle immagini radiologiche; i ‘mattoncini 3D’ che le compongono possono essere analizzati da algoritmi, ottenendo così migliaia di informazioni che, interpretate dall’intelligenza artificiale, diventano variabili di modelli predittivi. Riusciamo così a svelare, all’interno delle immagini, elementi che l’occhio umano non riesce ad apprezzare e che si correlano con determinati stati biologici (ad esempio con una mutazione, nel caso della radiogenomica) o con la risposta a determinate terapie. Questo ci permetterà di essere sempre più precisi, utilizzando anche immagini che già acquisiamo nell’iter diagnostico del paziente e che hanno un basso costo. Tutto ciò ci consentirà di individuare anche nuovi bersagli del trattamento radiante. Il radio-oncologo moderno non si limita più infatti all’erogazione di un trattamento locale o loco-regionale ad alta precisione, legato a volumi anatomici di malattia; oggi si allarga all’integrazione di biomarcatori genomici e di omiche di laboratorio (proteomica, genomica, ecc), definendo profili di pazienti a diverso rischio biologico, che si integrano con le nuove tecnologie. Sta cambiando proprio il razionale dell’irradiazione. La radioterapia stereotassica ad esempio, un trattamento di ultra-precisione ad alta dose, può sostituirsi all’intervento chirurgico, quando questo sia controindicato per comorbilità del paziente o per un’età troppo avanzata. Innovazioni tecnologiche, come la radioterapia ibrida guidata dalla risonanza magnetica (MRI guided radiotherapy), della quale il Gemelli ha la più lunga esperienza in Italia, ci consentono di sincronizzare i movimenti respiratori del paziente con l’erogazione del trattamento, riducendo quanto più possibile i volumi di terapia e definendo ogni giorno un nuovo piano di trattamento, per adattarlo alla situazione anatomica prima di ogni seduta di terapia (online adaptive); questo riduce gli effetti collaterali del trattamento e l’esposizione del paziente alle radiazioni ionizzanti, nel momento dell’acquisizione dell’imaging di puntamento (la ‘centratura’) di ogni singola frazione di irradiazione, come invece avviene con gli apparecchi di radioterapia tradizionale.
Insomma è in atto una vera rivoluzione della radioterapia, che vede il radio-oncologo sempre più integrato anche nella dimensione biologica, grazie a nuovi farmaci sinergici al trattamento radiante, come l’immunoterapia e le nuove molecole target”.
Nel 2024 in Italia sono state stimate circa 44.800 nuove diagnosi di tumore del polmone (31.891 tra gli uomini e 12.940 tra le donne); nel 2022 sono stati stimati 35.700 decessi per tumore del polmone (23.600 donne e 12.100 uomini). La sopravvivenza media a 5 anni dalla diagnosi è del 16% tra gli uomini e del 23% tra le donne. Sono 108.900 le persone viventi in Italia (prevalenza) dopo una diagnosi di tumore del polmone (63.900 uomini e 45.000 donne). L’istologia più frequente è quella non a piccole cellule (NSCLC), mentre il microcitoma o tumore a piccole cellule (SCLC) rappresenta la minoranza dei casi. (Fonte: I numeri del Cancro in Italia, edizione 2024 – AIOM).
Visualizzazioni: 74a cura di: Maria Rita Montebelli